Lo rividi, naturalmente per caso, a Tokyo.
Quando mi invitò nel suo appartamento vidi il disegno alla parete; era il mio torii.
Molti anni prima, quando ci eravamo incontrati a XXXX nel suo albergo, gli avevo portato dei regali scelti e confezionati accuratamente: una moka, un buona miscela di caffè, un servizio di tazze da caffè per due, avvolti in carta da pacco decorata.
L’avevo stesa sul pavimento e avevo abbozzato con gli acquarelli il disegno di un torii, la porta sacra, sull’acqua. Avevo poi diviso la carta in pezzetti e avvolto i miei regali. Sapevo che amava il caffè. Non la deludente bevanda sciacquata degli americani, ma il profumato ed intenso aroma degli espressi italiani.
Eravamo stati spesso in quell'albergo e lo avevo amato tanto.
Poi ci eravamo persi di vista. Non aveva voluto che restassi in contatto con lui perchè aveva paura dei miei sentimenti. Troppo forti. Non avremmo mai potuto stare insieme, ai due lati opposti del mondo. Lo sapevo anch’io d’altronde, che quello sarebbe stato un riverbero di luce e di amore improvviso e nulla di più; andava bene così.
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